Esempi di copywriting [6]
Continua il viaggio nei supermercati per scoprire il magico mondo del copywriting da trincea, quello dei prodotti che sgomitano per farsi notare.
La settimana scorsa ho dedicato la newsletter al copywriting dei pannolini. Oggi mi dedico a quello dei prodotti per l’igiene personale. E nello specifico bagnoschiuma e shampoo. Due prodotti che al supermercato fanno a botte per farsi notare.
Tutti allineati come soldatini, organizzati per marca o categoria, creano un ordine minimalista, ipnotico. E questa disposizione ha attirato la mia attenzione, facendomi notare un dettaglio: il focus della maggior parte dei prodotti sul benefit.
La forza del benefit nel copywriting
Sappiamo che, in molti casi, l’headline di una pagina pubblicitaria corrisponde con la main promise. Ovvero la promessa principale che un brand fa al cliente, esprimendo il beneficio massimo che risolve un problema o soddisfa un bisogno specifico.
Sappiamo che è il cuore del messaggio, viene progettato per attirare l'attenzione e convincere l'utente ad acquistare. Ma in alcuni casi può lasciare il posto a un elemento differente: il benefit. Nel copywriting, è il vantaggio specifico. Sintetico.
Il benefit risponde alla domanda "Cosa ci guadagno?" e spinge verso l’azione. Quindi, la main promise è generica rispetto al benefit che è concreto, materiale.
Come si usa un benefit nel copywriting?
Se la main promise domina l’above the fold, il benefit (o i benefit) sono subito dopo e accompagnano la call to action. Questo accade anche nel packaging dei prodotti fisici. E nei saponi c’è una tendenza interessante: il benefit è il secondo elemento grafico della confezione, subito dopo il naming. Vuoi un esempio?
Ecco Pantene. In primo piano abbiamo il nome con il logo. Poi c’è la tipologia di prodotto e subito dopo una grafica che riporta a lettere cubitali il benefit. Che si splitta in due risultati, gerarchicamente diversi: RIGENERA e protegge.
Solo dopo arrivano spiegazioni sul prodotto, sulle caratteristiche. Paradossalmente la main promise (capelli visibilmente più sani in un unico utilizzo) è in secondo piano. E anche poco performante, lunga, poco incisiva rispetto al benefit.
Un benefit che regna incontrastato anche nel prossimo packaging. Che fa sempre parte della stessa linea. Come puoi ben vedere, cambia il prodotto ma il benefit è sempre nella stessa posizione anche se dà dei risultati diversi.
Anzi, in questo caso si sfrutta un artificio retorico: si scambia il beneficio con una caratteristica del target (chi ha i capelli molto lunghi). Forse perché usare un benefit - cura i capelli lunghi - sarebbe stato scomodo in uno spazio così angusto.
Passiamo al prossimo prodotto, uno shampoo differente e con un target differente. Anche se qui abbiamo una convivenza con elementi differenti, sia testuali che grafici.
Forti & brillanti, questo è il beneficio da mettere in evidenza. Da notare che il termine relativo alla forza torna su tre linee: benefit, prodotto, main promise.
Ci sono altri prodotti dello stesso brand? Sì e il meccanismo è simile. Cambia qualcosa solo se alzo lo sguardo e trovo il classico shampoo antiforfora.
Che si definisce tale subito dopo il naming. Ma il benefit aggiunto è sempre in evidenza. Anticaduta è il concetto in evidenza, si aggiunge la motivazione subito dopo: altri shampoo dello stesso brand riprendono lo stesso motivo, cambiando benefit. Che, ad esempio, può essere il prurito o gli arrossamenti.
Cosa possiamo cogliere da questi esempi? Io un’idea me la sono fatta: qui si lavora sul piano dell’immediatezza, della velocità. C’è poco spazio per raccontare.
Uno sguardo e sei fuori o dentro, scelto o non scelto. La decisione relativa allo shampoo ha una duplice consistenza: deve essere veloce ma ragionata: non stiamo parlando di tovaglioli o guanti per la cucina, lo shampoo giusto può determinare la bellezza e la salute dei capelli. Ecco perché il benefit deve essere ben presente.